Cessione del quinto: i rischi
La cessione del quinto è una formula di accesso al credito che riesce a coniugare sia le necessità del debitore che quelle dell’ente erogatore. Consente al primo di non preoccuparsi del pagamento della rata, dal momento che questo avviene in automatico, e favorisce la fruizione del finanziamento anche nei casi più particolari. Consente invece al secondo di ridurre al minimo il rischio insolvenza.
Ciò non significa che l’istituto della cessione del quinto sia privo di rischi o di criticità. Uno dei questi è costituito da una eventualità molto spiacevole ma non infrequente: la concomitanza con un processo di pignoramento. Cosa accade in caso di cessione del quinto dello stipendio e pignoramento? Si tratta di un quesito rilevante, poiché, almeno in termini teorici, la formula dovrebbe proteggere dall’erosione eccessiva del reddito.
Per fortuna, il legislatore ha disciplinato le situazioni in cui cessione del quinto dello stipendio e pignoramento convivono. In definitiva, è una questione di limiti e di protezione reddituale del finanziato.
Pignoramento cessione del quinto: le cifre in ballo
Il legislatore ha disciplinato le due situazione che possono essere caratterizzate da una concomitanza tra cessione del quinto dello stipendio e pignoramento.
La prima situazione si registra quando la cessione del quinto viene richiesta dopo che il processo di pignoramento è iniziato. In questa eventualità la domanda è la seguente: è possibile accedere al prestito? La risposta è affermativa, ma è necessario rispettare alcune condizioni.
Nello specifico, è obbligatorio che la somma tra la porzione di reddito pignorata e la rata (ovviamente detratta) non superi i due quinti dello stipendio (o pensione). Facciamo un esempio. Il richiedente gode di una pensione di 1.000 euro al mese, dei quali vengono pignorati mensilmente 250. L’eventuale cessione del quinto imporrebbe un decurtamento di 120 euro. Ebbene, il prestito viene erogato perché la cifra detratta nel suo complesso ammonterebbe a 370 euro (cifra inferiore ai due quinti, che corrispondono a 400).
Un ragionamento simile va fatto nei casi in cui il pignoramento è successivo alla stipula del finanziamento. Nella situazione considerata, a essere disciplinata è la somma aggredibile dal creditore. Il parametro da tenere d’occhio è sempre la somma tra quota pignorata e la quota decurtata ai fini di rimborso del prestito.
L’elemento di differenziazione risiede nel limite: non si parla di due quinti, ma della metà. Proiettando queste condizioni sull’esempio precedente, l’eventuale creditore potrebbe usufruire di un pignoramento pari a 380 euro. La somma tra questa cifra e quella relativa alla cessione del quinto farebbe infatti 500, che corrisponde alla metà del reddito.
In definitiva è possibile concludere che il legislatore ha considerato prioritaria la difesa del patrimonio del pignorato (e del richiedente) senza per questo privare gli eventuali creditori dei loro diritti.